Buongiorno,
Condivido con te le ultime notizie dalla Borsa LME relative alla scorsa settimana ed alcuni approfondimenti dal mondo dei metalli.
La momentanea debolezza del dollaro fa affrontare in maniera più agevole gli incrementi di prezzo degli “industriali” da parte degli utilizzatori dell’Eurozona.
L’insediamento di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti ha coinciso con un significativo indebolimento del dollaro, tanto che negli ultimi otto giorni la percentuale di recupero concessa all’Euro è stata di un punto e mezzo.
L’effetto contropartita, momento che si genera quando il valore della moneta USA decresce, porta generalmente al LME a una fase di risalita dei prezzi degli “industriali” nelle quotazioni USD 3mesi, ma nel corso dell’ottava appena trascorsa questo particolare automatismo ha presentato alcune e inaspettate anomalie.
Una situazione che risulta evidente dalla variazione settimanale dell’indice LMEX, che su base prezzi in dollari del listino ha evidenziato una perdita dello 0,4% rispetto alla precedente “cinquina” di sedute.
L’elenco dei metalli che hanno portato a una situazione poco performante dell’insieme londinese, vede il solo Stagno chiamarsi fuori, resta comunque il fatto che per gli utilizzatori dell’Eurozona, almeno sulla carta e nei valori di massima indicati in precedenza, il beneficio ha sfiorato i due punti percentuali.
Fasi di debolezza per il Rame
Il posizionamento di Borsa del Rame, sebbene nel corso dell’ultima seduta settimanale si sia riportato oltre la linea dei 9.300 USD / 3mesi a distanza di oltre otto settimane, ha messo in evidenza nei giorni precedenti delle fasi d’improvvisa debolezza, andando a toccare momenti di minimo relativo sotto la soglia dei 9.200 dollari.
Una situazione di Borsa non certo orientata verso la stabilità per il “metallo rosso”, dove un timido riproporsi della speculazione sta portando i suoi prezzi a posizionarsi oltre il loro reale valore effettivo di mercato, con i fabbisogni degli utilizzatori sempre a livelli molto bassi in termini di tonnellaggi.
Prosegue il momento di appannamento dello Zinco
Il momento di appannamento dello Zinco sta proseguendo. Significativo vedere questo metallo che solo qualche mese fa era tra i più vivaci al LME, trovarsi ora a poche decine di euro dalla soglia dei 2.800 USD / 3mesi, come non si vedeva dal settembre scorso.
Una caduta libera del prezzo dello Zinco, oltretutto determinata da una sua situazione di scarsa presenza all’interno dei panieri degli operatori finanziari e principalmente riferita ai movimenti di “fisico” tra venditori e compratori.
Le Leghe, Ottone e Zama
Le leghe vedono quindi i loro valori di riferimento alle dirette dipendenze dei prezzi di Rame e Zinco non tanto in funzione dei valori LME in dollari, bensì delle corrispondenze in euro e una volta tanto a favore di chi acquista. L’Ottone avrà una collocazione di prezzo decisamente ancorata alle vicende del Rame e che lo manterrà sui livelli alti visti nel corso di questi ultimi dieci giorni, mentre la Zama correrà in parallelo con lo Zinco, in attesa che la sua corsa ribassista al LME metta la parola fine a questa situazione.
Tensione sui prezzi dell’Alluminio
Le indicazioni di una centralità dell’Alluminio nelle dinamiche applicative dei dazi che vorrà varare la nuova amministrazione statunitense, sta portando una certa tensione nella determinazione del prezzo di Borsa di questo metallo.
I recenti movimenti rialzisti sull’Alluminio hanno avuto come importante supporto una situazione di bilanciamento quasi perfetto tra le componenti domanda e offerta, con al centro gli utilizzatori diretti del metallo e un comparto speculativo finanziario che invece si sta dimostrando molto prudente su questo “asset”, soprattutto in ottica di breve periodo.
Il Nichel corre verso il basso!
Il Nichel sta correndo, ma verso il basso. La promettente azione rialzista vista solo nelle due ottave LME precedenti, si sta sostituendo ad una costante perdita di valore del riferimento di Borsa USD 3mesi, è quindi auspicabile una zona di atterraggio della sua discesa di prezzo già nel corso della settimana.
Piombo in attesa della fine del periodo festivo in Cina
Il Piombo cercherà di sopravvivere alla forte mancanza di domanda effettiva di prodotto, dovuta alla lunga pausa del mercato cinese per le vacanze del Capodanno. Una pausa forzata negli acquisti di questa materia prima da parte del suo maggior bacino di utilizzo, ma che a inizio del prossimo mese potrebbe determinare per il Piombo quotato al LME una fisionomia di prezzo definitiva per un nuovo indirizzo in chiave rialzista.
Lo Stagno fa corsa a sé
Lo Stagno continua a fare corsa a sé rispetto alle dinamiche di prezzo degli altri “industriali” e facendola ad altissimi livelli. Un dato importante scaturito nelle ultime sedute LME è quello del riconoscimento tra gli utilizzatori che il metallo difficilmente si ricollocherà al di sotto dei 30mila dollari 3mesi; pertanto, gli scambi li dovranno regolare tenendo a mente questo determinante e imprescindibile presupposto.
UNO SGUARDO ALLA REALTA’ PRODUTTIVA
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Dazi USA sui metalli: il rame vola a New York, crolla a Londra
L’annuncio di nuovi dazi sulle importazioni di rame, alluminio e acciaio da parte di Donald Trump ha scosso i mercati globali, mentre gli investitori temono un’escalation delle tensioni commerciali e un rallentamento della crescita economica mondiale.
Il mercato globale dei metalli è in subbuglio dopo l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sull’introduzione di dazi alle importazioni di rame, alluminio e acciaio.
Mentre a New York i prezzi del rame sono aumentati, la quotazione del metallo è scesa sul London Metal Exchange (LME), segnalando un clima di incertezza tra gli investitori e i produttori.
Trump ha dichiarato di voler imporre dazi su diverse materie prime strategiche, tra cui anche semiconduttori e farmaci, con l’obiettivo di rilanciare la produzione nazionale.
Secondo il Financial Times, il Segretario al Tesoro Scott Bessent starebbe spingendo per dazi iniziali del 2,5%, con aumenti graduali, ma lo stesso Trump ha successivamente affermato di volere misure “molto più ampie”.
Effetto immediato sui mercati
L’annuncio ha avuto un impatto immediato sui mercati finanziari.
Come riporta Bloomberg, mentre i future sul rame scambiati al Comex di New York hanno registrato un aumento dello 0,7%, il metallo ha perso lo 0,9% a Londra, attestandosi a 9.016 dollari per tonnellata. Anche altri metalli industriali sono stati colpiti: l’alluminio ha perso lo 0,7% e lo zinco è sceso dell’1,4%.
Gli investitori stanno valutando le possibili conseguenze di una guerra commerciale prolungata, che potrebbe frenare la crescita globale e indebolire la domanda di materie prime.
Nel frattempo, il rafforzamento del dollaro sta riducendo il potere d’acquisto di paesi importatori chiave, come la Cina.
Il Canada tra i paesi più colpiti
Uno dei paesi che rischia di subire il maggiore impatto dalle nuove misure è il Canada. Secondo Morgan Stanley, il vicino settentrionale degli Stati Uniti ha rappresentato oltre la metà delle importazioni di alluminio da parte di Washington nel 2023 ed è stato il secondo maggiore fornitore di rame, dietro il Cile.
Inoltre, il Canada è il principale esportatore di acciaio verso gli Stati Uniti, seguito da Messico e Corea del Sud.
La frenata del settore manifatturiero cinese potrebbe aggravare ulteriormente la pressione sul mercato dei metalli. A gennaio, l’attività industriale della Cina ha registrato un calo dopo tre mesi di espansione, riflettendo un atteggiamento più cauto tra i consumatori domestici e una crisi ancora irrisolta nel settore immobiliare.
Verso una nuova stagione di tensioni commerciali?
L’annuncio dei nuovi dazi rappresenta l’ultima di una serie di mosse protezionistiche da parte di Trump, che fin dal suo insediamento ha promesso di riportare la produzione industriale negli Stati Uniti.
Tuttavia, il rischio di un’escalation delle tensioni commerciali con i partner internazionali potrebbe avere effetti a lungo termine sull’economia globale, alimentando l’incertezza tra imprese e investitori.
Nel frattempo, gli operatori del settore restano in attesa di ulteriori dettagli sulle politiche tariffarie statunitensi, mentre alcuni trader stanno già accelerando le spedizioni verso gli USA per evitare i nuovi dazi.
La volatilità sui mercati delle materie prime sembra destinata a proseguire nelle prossime settimane.
APPROFONDIMENTO
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Perché a nessuno interessa la crisi in cui versa la nostra industria?
L’industria italiana è in crisi, tra calo della produzione, mancati investimenti e burocrazia soffocante, ma il problema sembra essere ignorato da politica e opinione pubblica, mentre il rischio di una pericolosa deindustrializzazione si fa sempre più concreto.
L’Italia industriale è in affanno. Nonostante i segnali di allarme siano evidenti da mesi, la crisi sembra non preoccupare come dovrebbe.
La produzione è in calo da oltre un anno, il fatturato crolla e le prospettive future sono tutt’altro che rosee.
Il settore manifatturiero, un tempo motore dell’economia italiana, è in profonda difficoltà.
I dati Istat parlano chiaro: la produzione industriale è in contrazione, con cali significativi in settori chiave come l’automotive, la meccanica e il tessile. Le cause sono molteplici: dalla concorrenza globale sempre più agguerrita alla mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo, passando per la burocrazia asfissiante, la difficoltà nel reperire le competenze necessarie e gli insostenibili costi dell’energia.
Molti operatori sono pessimisti sul futuro dell’industria italiana
La domanda sorge spontanea: perché un problema così grave non sembra preoccupare l’opinione pubblica e i decisori politici? Forse perché ci si concentra troppo sui dati positivi delle esportazioni, che però rischiano di essere un fuoco di paglia? Forse perché si preferisce cullarsi in un ottimismo di facciata, sottovalutando la gravità della situazione?
La scorsa settimana è stata presentata un’indagine previsionale condotta da Swg e Fb&Associati, che per fotografare le aspettative dell’industria e della finanza nel 2025. Secondo questa ricerca, il 78% degli intervistati esprime pessimismo sul futuro dell’industria, con particolare preoccupazione per il settore metalmeccanico.
Al contrario, il 58,2% ritiene che il 2025 sarà ancora un anno positivo per la finanza e i mercati finanziari. Un divario netto che riflette una tendenza già in atto: mentre il comparto industriale va male, la finanza continua a beneficiare di un buon andamento dei mercati, sebbene l’influenza dell’Italia e dell’Europa in questo settore si stia progressivamente riducendo.
Rischiamo di perdere un patrimonio inestimabile
Dopo gli allarmi lanciati da molti imprenditori ed economisti, ci accodiamo nel ricordare sinteticamente quali sono le conseguenze di una crisi industriale come quella che il nostro paese sta attraversando.
Ovviamente, la perdita di posti di lavoro, con un aumento della disoccupazione, soprattutto nelle regioni più industrializzate. A ciò si aggiunge un declino del tessuto sociale visto che la chiusura delle fabbriche e la perdita di reddito hanno un impatto negativo sulla coesione sociale e sul benessere delle comunità locali.
Infine, una vera e propria deindustrializzazione, con il paese che perderà la sua vocazione industriale, con conseguenze disastrose per la competitività dell’Italia a livello internazionale.
È imbarazzante pensare che gli ingredienti della ricetta per risolvere la crisi sono noti da tempo, ma il nostro sistema politico e i vertici della burocrazia statale non ne vogliono proprio sentir parlare:
semplificazione burocratica, investimenti in ricerca e sviluppo, formazione professionale, sostegno alle piccole-medie imprese (sono il cuore dell’industria italiana), collaborazione tra pubblico e privato, sgravi fiscali per l’energia industriale (che attualmente si fa carico della maggior parte degli oneri derivanti dal sostegno all’energia verde).
Si fa un gran parlare del patrimonio artistico italiano, con politici e giornalisti che sproloquiano a riguardo, raccontando come sfruttarlo per creare ricchezza per il paese.
Ma a nessuno viene in mente che la nostra industria è un patrimonio inestimabile che non possiamo permetterci il lusso di perdere? Sarebbe tempo di agire con determinazione per salvare il nostro futuro industriale ma, a quanto pare, a nessuno interessa neppure sentir parlare del problema.
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