Buongiorno,
Condivido con te le ultime notizie dalla Borsa LME relative alla scorsa settimana ed alcuni approfondimenti dal mondo dei metalli.
Gli utilizzatori di metalli industriali che operano nell’Eurozona sfrutteranno, fino a quando sarà possibile, il vantaggio valutario offerto loro dal dollaro; peccato che il listino LME si stia trovando ai massimi del 2025.
Alle imprese non piace operare in situazioni di incertezza.
Una considerazione non certo nuova che riprende corpo ogniqualvolta si presentino sui mercati situazioni che sono al di fuori di gestioni convenzionali, come sui metalli industriali e più nello specifico al London Metal Exchange, quando si parla di “backwardation”.
Il fenomeno della “backwardation” ha luogo quando una quotazione di riferimento, in rapporto alla sua correlazione cronologica temporale di scadenza, risulta più alta rispetto a quella immediatamente successiva.
Nel corso della settimana scorsa il fenomeno appena descritto si è evidenziato nella definizione dei prezzi di alcuni “industriali”, prima con l’Alluminio e successivamente con il Rame.
L’impatto in termini di quotazioni reali sui metalli non ha comportato alcun effetto, ma di certo ha messo in allerta gli utilizzatori, molto spesso condizionati da degli stati “di procurato allarme” generati dai diretti fornitori di materie prime e semilavorati.
L’effetto compensativo che l’attuale situazione di “backwardation” si è sviluppata rispetto al Rame, lasciando sostanzialmente invariati i valori nel loro complesso tra le quotazioni “settlement” (pagamento per contanti riferite alla quotazione del giorno di seduta di Borsa) e la più nota “3mesi”, dovrebbe esaurirsi in tempi relativamente brevi.
La seconda anomalia, questa sicuramente dai contorni più tangibili per gli utilizzatori dei metalli correlati alle quotazioni LME, riguarda la loro valorizzazione in euro, in uno stato di assoluto vantaggio rispetto ai riscontri espressi in dollari / 3mesi.
Lo spazio rivalutativo concesso dalla moneta statunitense a quella europea è stato negli ultimi otto giorni dell’1,5% circa, mentre la crescita dell’indice LMEX, rapportato ai valori USD degli industriali nel medesimo periodo, non è andato oltre il punto percentuale.
I prezzi di Borsa dei metalli vanno comunque analizzati nei loro movimenti in raffronto alle quotazioni più “neutre” fra tutte quelle disponibili, ovvero le scadenze 3mesi rapportate al dollaro.
Situazione di massimo relativo per il Rame
Il Rame difficilmente varcherà nuovamente la soglia dei 9.600 USD, come avvenuto nel corso della seduta di venerdì 14 febbraio, pur mantenendo una collocazione di massimo relativo che non si riproponeva dalla prima decade di novembre.
Sali scendi per lo Zinco nel breve periodo
Lo Zinco metterà in scena una residuale azione rialzista della sua quotazione dollari / 3mesi, ma tendenzialmente ritornerà sui suoi passi in tempi relativamente brevi.
Le Leghe, Ottone e Zama
Gli utilizzatori di leghe a base di Rame e Zinco, vale a dire Ottone e Zama, dovranno calibrare con la massima attenzione i loro acquisti di semilavorati, limitandosi ai minimi fabbisogni relativi agli approvvigionamenti indispensabili per alimentare le linee produttive e nulla di più.
Alluminio ai massimi da gennaio
La collocazione del valore LME dell’Alluminio, ai massimi da gennaio, dovrà essere soppesata in relazione alle reali necessità di metallo fisico di ciascuna realtà manifatturiera, anche in considerazione del fatto che al momento il comparto speculativo finanziario ha ben altre mire rispetto ai metalli industriali.
Nichel in fase di ridimensionamento
Una riflessione analoga può essere elaborata per il Nichel e dove la buona combinazione del fattore valutario momentaneamente a favore dell’euro, sta ridimensionando il suo corrispettivo effettivo in capo agli utilizzatori diretti e indiretti di questo metallo.
Significativi arretramenti per il Piombo
Una più che probabile azione di significativi arretramenti dell’intero listino LME, avrà nel Piombo la sua “vittima sacrificale”, la cui quotazione non si affaccerà più alla linea dei 2mila USD / 3mesi vista nelle settimane scorse.
Stagno sugli scudi ma non per molto
Il punto di svolta per il valore LME dello Stagno è ora posto a ridosso dei 33mila dollari /3mesi, area che il metallo popolerà a breve, ma che difficilmente riuscirà a mantenere per lungo tempo; una soglia giudicata troppo esigente dagli stessi utilizzatori.
UNO SGUARDO ALLA REALTA’ PRODUTTIVA

Divieto UE per l’alluminio russo. È un sostegno ai produttori europei?
Il divieto colpirà poco più di 340.000 tonnellate di alluminio grezzo russo. È una scusa per legittimare la chiusura del mercato ai metalli russi a basse emissioni di carbonio?
L’Unione Europea (UE) sta per adottare il suo sedicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia in vista del terzo anniversario della guerra in Ucraina (24 febbraio 2022).
Tra le nuove misure previste, spicca il divieto di importazione dell’alluminio russo.
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato l’accordo sulle nuove sanzioni con un messaggio su X: “La UE sta rafforzando ulteriormente la repressione dell’elusione delle sanzioni, prendendo di mira più navi della flotta ombra di Putin e imponendo nuovi divieti di importazione ed esportazione “.
L’impatto del divieto sul mercato dell’alluminio
Sebbene non ci sia ancora una dichiarazione ufficiale della UE sui dettagli delle nuove misure, le principali testate giornalistiche internazionali riferiscono che il pacchetto includerà un divieto totale sulle importazioni di alluminio russo.
Questo provvedimento potrebbe rimuovere dal mercato europeo oltre 340.000 tonnellate di alluminio, corrispondenti a circa il 9% della produzione annuale della società russa Rusal, che ammonta a 3,85 milioni di tonnellate.
Tuttavia, secondo una fonte di mercato, l’impatto immediato sul settore sarà limitato, poiché il divieto verrà introdotto gradualmente e non entrerà in vigore prima del prossimo anno.
Negli ultimi anni, la UE ha già ridotto significativamente le importazioni di alluminio russo.
Nel 2023, ha acquistato 340.250 tonnellate di alluminio non lavorato, pari a meno del 6% delle sue importazioni totali di 5,8 milioni di tonnellate. Nel periodo 2020-2022, invece, le importazioni dalla Russia si attestavano su una media di 801.100 tonnellate all’anno, rappresentando il 13,5% del totale.
Il ruolo del Canada e il possibile aumento dei prezzi
Già nel novembre 2023, la UE aveva vietato l’importazione di fili, fogli e prodotti estrusi in alluminio di origine russa. Tuttavia, i prodotti semilavorati in alluminio erano finora rimasti esclusi dalle restrizioni, nonostante le pressioni dell’associazione European Aluminium per un divieto totale.
Secondo un analista russo, il Canada potrebbe facilmente colmare il vuoto lasciato dalle forniture russe, soprattutto se gli Stati Uniti dovessero imporre dazi sull’alluminio canadese o se i produttori canadesi decidessero di diversificare le proprie esportazioni per ridurre la dipendenza dal mercato statunitense.
Nel 2023, gli USA hanno importato circa 2,7 milioni di tonnellate di alluminio non lavorato dal Canada.
Molti esperti ritengono che il divieto europeo potrebbe in realtà avere l’obiettivo di aumentare il prezzo dell’alluminio per sostenere i produttori europei.
Inoltre, alla vigilia dell’introduzione del Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere (CBAM) che favorirà i metalli prodotti con basse emissioni, sarebbe una buona scusa per escludere l’alluminio della Rusal prodotto con emissioni di gas serra di sole 0,01-2,4 tonnellate di CO2 per tonnellata di metallo (la media globale è di 12 tonnellate).
In altre parole, mentre sarebbe assai difficile da spiegare che la UE rifiuta alluminio green, con il paravento delle sanzioni tutto diventa più semplice…
APPROFONDIMENTO

Il gas russo torna in Europa? Meglio la figuraccia politica che la crisi energetica
Secondo il Financial Times, i funzionari della UE stanno valutando la possibilità di riprendere le importazioni di gas russo come parte di un possibile accordo di pace per l’Ucraina.
L’Unione Europea (UE) sta valutando la possibilità di ripristinare le importazioni di gas naturale dalla Russia, una mossa che fino a poco tempo fa sembrava impensabile ma che ora, alla luce delle difficoltà economiche e della possibile conclusione del conflitto in Ucraina, torna prepotentemente al centro del dibattito.
Secondo il Financial Times, alcuni funzionari della UE starebbero discutendo un eventuale accordo che includa la ripresa delle forniture di gas russo tramite gasdotto, anche attraverso l’Ucraina, come parte di un potenziale accordo di pace.
Dopo tanta propaganda, il bagno nella realtà porta a più miti consigli
Il ritorno del gas russo viene sostenuto da paesi come Ungheria e Germania, che vedono in questa opzione un’opportunità per abbassare i prezzi dell’energia e garantire la stabilità del mercato energetico europeo.
“C’è pressione da parte di alcuni grandi Stati membri sui prezzi dell’energia e questa è una soluzione ovvia per ridurli” ha dichiarato un funzionario UE al Financial Times.
D’altro canto, la sola idea di riprendere le forniture di gas dalla Russia ha suscitato forti reazioni negative tra diversi diplomatici e politici europei, in particolare quelli dei paesi dell’Europa orientale, che da anni lavorano per ridurre la dipendenza energetica da Mosca.
Il dilemma politico ed economico
L’opposizione alla ripresa del gas russo si basa su due argomentazioni principali.
La prima è di natura politica: l’acquisto di gas dalla Russia potrebbe essere visto come una forma di appeasement nei confronti di Mosca e un tradimento dell’Ucraina, oltre a fornire nuove entrate al Cremlino.
La seconda è economica: alcuni esportatori di gas naturale liquefatto (LNG) statunitensi temono che un ritorno al gas russo possa rendere i loro prodotti meno competitivi sul mercato europeo.
Tuttavia, la realtà è che alcuni paesi della UE, come Slovacchia e Ungheria, continuano a dipendere fortemente dal gas russo e hanno resistito agli sforzi della Commissione Europea per diversificare le fonti di approvvigionamento.
La sospensione del transito del gas russo attraverso l’Ucraina, avvenuta il 1° gennaio 2025 dopo il mancato rinnovo dell’accordo di transito tra Kiev e Mosca, ha solo aggravato la situazione.
Il paradosso del gas russo nella UE
Nonostante le sanzioni e il blocco quasi totale delle importazioni di petrolio e carbone russi, la UE ha continuato a importare gas naturale liquefatto dalla Russia, con un record di 17,8 milioni di tonnellate nel 2024.
La politica ufficiale dell’Unione prevede l’eliminazione completa delle importazioni di combustibili fossili russi entro il 2027, ma la dipendenza energetica è ancora forte, soprattutto in alcuni stati membri.
Nel frattempo, gli Stati Uniti sono diventati il principale fornitore di gas naturale liquefatto per l’Europa, colmando il vuoto lasciato dalla Russia.
Tuttavia, l’LNG americano è significativamente più costoso rispetto al gas russo via gasdotto, con un impatto diretto sulle economie europee e sui consumatori.
Il futuro energetico dell’Europa
La questione del gas russo rimane quindi una delle più delicate per la UE. Da un lato, l’opzione di riaprire i rubinetti del gasdotto russo potrebbe alleviare la pressione economica e migliorare la stabilità energetica. Dall’altro, significherebbe fare marcia indietro su una politica energetica che per anni ha cercato di ridurre la dipendenza da Mosca.
Resta da vedere se la UE sceglierà la via pragmatica dell’interesse economico o se continuerà sulla strada della resilienza strategica a lungo termine.
La risposta dipenderà anche dall’evoluzione della guerra in Ucraina e dagli equilibri geopolitici globali nei prossimi mesi.
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