Buongiorno,

riprendo oggi la pubblicazione della newsletter sul mio blog dopo le disavventure di fine luglio e le ferie estive di agosto.

Riparto quindi, come al solito, con le ultime notizie dalla Borsa LME relative alla scorsa settimana ed alcuni approfondimenti dal mondo dei metalli.

La domanda di metalli ancora bassa da parte degli utilizzatori, ha determinato un calo dei prezzi LME su base settimanale, ma i minimi relativi di fine luglio difficilmente verranno nuovamente toccati.

La lettura dell’ultimo listino LME va posta su due piani interpretativi differenti.

Il primo raffronto va fatto sulla sequenzialità del riscontro di Borsa, con l’indice LMEX segnare un calo poco sotto il 2% rispetto al dato di otto giorni prima, ma l’analisi più interessante è quella del confronto dell’indicatore generale attuale con quello rilevato al termine dell’ultima ottava di luglio, che evidenzia un progresso di 3,8 punti percentuali.

Una crescita significativa dei prezzi che mette in evidenza quanto sia stata determinante l’azione rialzista delle quotazioni dei metalli nelle due settimane centrali di agosto.

Nello stesso tempo occorre dare giusta importanza alla situazione effettiva della domanda di materie prime da parte degli utilizzatori dopo le vacanze e senza mettere in secondo piano la situazione valutaria, con il dollaro che in una settimana ha recuperato lo 0,7% rispetto all’Euro.

Il Rame al massimo relativo del periodo

Il Rame resta nella rassicurante posizione di massimo relativo rispetto all’ultimo mese di quotazioni LME, con le componenti domanda e offerta dare segnali di perfetto equilibrio tra loro; pertanto, le aspettative di una forte variabilità del prezzo del “metallo guida” nelle prossime sedute sono da escludere.

La stabilità del Rame aiuterà il resto degli “industriali” a tracciare delle linee di quotazione che sicuramente determineranno delle situazioni di consolidamento rispetto agli ultimi rilevamenti.

Previsioni di incremento per lo Zinco

Lo Zinco sarà tra questi, dove la crescita importante della liquidità vedrà l’incremento della quotazione USD 3mesi rispetto ai valori visti in Borsa nel corso dell’ultima settimana.

Le Leghe, Ottone e Zama

Le leghe, alla luce di quanto riportato su Rame e Zinco, difficilmente produrranno dei profili di prezzo con orientamenti ribassisti, con l’Ottone mantenere un trend sostanzialmente lineare e la Zama subire invece il possibile effetto moltiplicatore verso l’alto del suo metallo di riferimento.

Alluminio in evidenza in questa fase

Una fase di Borsa estremamente interessante la metterà in evidenza l’Alluminio, dove il suo momento apicale della terza settimana di agosto, anche favorito dall’atteggiamento del comparto speculativo, si sta riducendo vistosamente.

Obiettivo 17.000 per il Nichel

La linea dei 17 mila dollari con scadenza 3mesi non dovrà essere persa di vista come obiettivo prioritario per il Nichel, anche se nella seconda parte della settimana scorsa ha rimarcato un indebolimento del suo riferimento.

I presupposti ci sono tutti affinché il Nichel possa trovare in quella soglia un nuovo punto di raffronto per le sue prospettive di crescita nel mese di settembre.

Piombo in difficoltà per la situazione cinese

Il Piombo dovrà fare i conti con la situazione economica cinese, non certo florida, ma contemporaneamente gli utilizzatori di questo metallo non potranno mettere in secondo piano l’attuale quotazione del metallo al LME, ritornata a popolare da diverse settimane un’area di minimo del suo grafico e che non si vedeva dallo scorso marzo.

Stagno sotto tensione

Le tensioni non mancheranno sullo Stagno, con l’attuale prezzo risultare la somma di situazioni altalenanti tra loro e dove sulla base degli avvenimenti nel corso delle ultime sedute LME la prevalenza d’indizi porterà a pensare ad un nuovo momento di rinforzo del suo riferimento di Borsa.

Guai seri in Cina. Scorte enormi di materie prime mostrano un’economia in crisi

Le enormi scorte di materie prime della Cina mettono in luce tutta la gravità dei problemi economici che affliggono il paese.

In Cina si stanno accumulando grandi quantità di scorte di materie prime come conseguenza di un’attività economica troppo debole per smaltire le eccedenze che stanno facendo crollare i prezzi, non solo dei metalli ma anche delle materie prime agricole (soia per esempio).

L’esplosione delle scorte evidenzia non solo quanto sia in crisi l’economia cinese, ma anche l’importanza che la Cina attribuisce al fatto di non essere mai a corto di risorse essenziali.

Quello che sta accadendo in questo periodo mostra quante materie prime si stiano accumulando in terra cinese, nonostante il paese detenga già oltre il 90% delle scorte di rame al mondo, quasi un quarto del petrolio greggio mondiale e oltre la metà delle colture di base come mais e grano (dati JPMorgan Chase & Co).

Produzione e importazioni di carbone a livelli record

Mentre i consumi e l’attività industriale sono deboli, è probabile che gli importatori statali cinesi non si preoccupino troppo se hanno sbagliato i tempi dei loro acquisti, visto che la priorità è di garantire che le riserve del paese siano sufficienti per qualsiasi evidenza.

I timori di una carenza energetica, come nel 2021 e nel 2022, hanno spinto il governo cinese a riesaminare la sicurezza energetica nazionale, in particolare per quanto riguarda la disponibilità del suo combustibile principale: il carbone.

La conseguenza è stata quella di aumentare la produzione e le importazioni a livelli record.

L’economia cinese è strutturalmente cambiata

Ma tornando alla questione che più interessa ai mercati internazionali e cioè la frenata economica della Cina, va constatato che l’obiettivo di crescita del governo per l’anno in corso sembra sempre più irraggiungibile. Una prospettiva pessima per tutti quei paesi che vendono materie prime al gigante asiatico.

L’enorme aumento di scorte di materie prime, dall’acciaio alla soia e dal carbone al petrolio, fa anche supporre che molti trader siano stati colti di sorpresa dalla crisi economica e che, come molti altri operatori di mercato, non abbiano capito a fondo le vaste implicazioni del passaggio della Cina dalla vecchia economia alla nuova.

Può un’azienda di chip valere più di tutti i 50 minatori più importanti del mondo?

Anche chi è abituato alle pazzie del mondo finanziario, non può che sorprendersi davanti alla sproporzione tra il valore di NVIDIA e quello delle 50 più grandi aziende minerarie del mondo.

Il buon senso è come un cannocchiale che ti fa vedere da lontano le sciocchezze.

Purtroppo, nell’era dell’Intelligenza Artificiale e dei social-media è diventato una risorsa quanto mai rara, ma preziosa.

E proprio il buon senso mette in luce un fenomeno finanziario davvero stridente, che fa a pugni con qualsiasi considerazione logica.

Le 50 più importati aziende minerarie del mondo: 1.400 miliardi di dollari

Mentre le 50 più grandi aziende minerarie del mondo hanno un valore totale di 1.400 miliardi di dollari (dati Mining riferiti al secondo trimestre 2024), una sola azienda come NVIDIA vale più del doppio.

L’azienda californiana che vende processori grafici per alimentare i progetti di Intelligenza Artificiale (AI) ha infatti una capitalizzazione di mercato di circa 3.300 miliardi di dollari.

NVIDIA ha superato Apple, Microsoft, Amazon e Facebook ed è diventata l’azienda di maggior valore al mondo grazie al boom dell’AI negli ultimi anni.

Come dice un proverbio californiano di metà Ottocento durante la corsa all’oro, il modo più semplice per arricchirsi è vendere pale e picconi.

Esattamente quello che ha fatto NVIDIA nella corsa all’AI, trasformandosi nell’arco degli ultimi tre anni da società concentrata nella produzione di chip per i videogiochi a punto di riferimento per l’Intelligenza Artificiale.

Negli ultimi cinque anni i suoi titoli hanno guadagnato il 3.290%.

Quanto può essere la sproporzione tra chi scava e chi produce chip?

Dall’altro lato dello spettro dell’economia moderna ci sono invece le aziende che si occupano di scavare ed estrarre materiale fisico indispensabile per fabbricare chip e per far funzionare la macchina dell’AI.

Tra queste, secondo l’ultima classifica di Mining (2024), la più grande del mondo è l’australiana BHP Group, che capitalizza circa 146 miliardi di dollari, approssimativamente venti volte meno di NVIDIA.

Anche se in economia esiste soltanto una cosa che ha sempre ragione, cioè il mercato, è difficile non sentire stridere qualcosa quando si leggono questi dati.

Anche il vecchio buon senso sta per passare la mano al Buon Senso Artificiale o queste sproporzioni finanziarie sono destinate a ridimensionarsi? Il tempo ce lo dirà…

Allumina

Tutto il bello del sapere: come viene prodotto l’alluminio?

Pur essendo il più abbondante metallo sulla crosta terreste, l’alluminio puro non è presente in natura ma richiede un processo produttivo assai complesso.

Anche agli operatori di mercato più esperti sfugge qualche volta il quadro d’insieme di una commodity come l’alluminio.

Sappiamo tutti che è uno dei metalli più utilizzati e che si trova ovunque, dalle lattine di birra alle fusoliere degli aeroplani; tuttavia, non sempre è chiaro che si tratta di qualcosa che non è presente in natura e che riuscire a produrlo è un processo decisamente complesso.

Innanzitutto, serve bauxite, un minerale di cui ne vengono prodotte circa 390 milioni di tonnellate all’anno, l’85% delle quali viene utilizzata per produrre alluminio. Le bauxiti sono rocce composte da ossidi di alluminio insieme ad altri minerali e sono la principale fonte mondiale di alluminio.

Dopo l’estrazione, la bauxite viene raffinata in allumina, che viene poi convertita in alluminio. Pertanto, il passaggio dell’alluminio dal minerale allo stato metallico avviene solitamente in tre fasi.

Prima fase: l’estrazione della bauxite

La bauxite viene solitamente estratta dal terreno in miniere a cielo aperto e il 72% della produzione mineraria mondiale fa capo a soli tre paesi: Australia, Cina e Guinea.

L’Australia è di gran lunga il maggiore produttore del mondo e ospita anche la miniera di Weipa, la più grande attività estrattiva di bauxite al mondo. La Guinea detiene invece le più grandi riserve di bauxite del pianeta (più di 7 miliardi di tonnellate) ed esporta quasi tutta la sua produzione in Cina.

Seconda fase: la produzione di allumina

Una volta estratta dal terreno, la bauxite viene inviata alle raffinerie in tutto il mondo per produrre allumina, che rappresenta la seconda fase del processo produttivo.

Negli anni 1890, il chimico austriaco Carl Josef Bayer inventò un processo rivoluzionario per estrarre l’allumina dalla bauxite. Oggi, più di 100 anni dopo, circa il 90% delle raffinerie di allumina utilizza ancora il processo Bayer per raffinare la bauxite.

Va considerato che questo processo produce molte impurità, i cosiddetti fanghi rossi, che rappresentano un problema ambientale importante. Infatti, per ogni tonnellata di allumina, le raffinerie producono 1,2 tonnellate di fango rosso e, oggi, nel mondo sono immagazzinate oltre 3 miliardi di tonnellate di questo materiale.

Il paese che domina la produzione è la Cina, che fornisce più della metà dell’allumina mondiale. Anche Australia, Brasile e India, sono tra i maggiori produttori di allumina, anche se nessuno si avvicina alla Cina.

Terza fase: la produzione di alluminio

L’allumina viene convertita in alluminio tramite riduzione elettrolitica.

Oltre all’allumina stessa, un altro minerale chiamato criolite è essenziale per il processo, insieme a moltissima elettricità. Negli impianti di fusione dell’alluminio, centinaia di celle di riduzione elettrolitica vengono riempite con criolite fusa.

L’allumina (composta da due atomi di alluminio e tre atomi di ossigeno) viene quindi immessa in queste celle e una forte corrente elettrica rompe il legame chimico tra gli atomi di alluminio e di ossigeno. L’elettrolisi fa sì che l’alluminio liquido puro si depositi sul fondo della cella, dove viene poi purificato e fuso nelle sue varie forme e dimensioni.

Il leader mondiale della produzione di alluminio è sempre la Cina, oltre ad essere anche il maggiore consumatore. L’India è il secondo produttore mondiale, ma ne produce soltanto un decimo di quello cinese.

Come nel caso della produzione di allumina, alcuni dei paesi che producono bauxite e allumina producono anche alluminio, come appunto l’India, ma anche l’Australia e la Russia.

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