Buongiorno,
siamo in presenza di una Borsa sempre più “sottile” dove gli utilizzatori, a loro insaputa, sono gli autori dei fattori di crescita e decrescita dei prezzi LME.
Gli ultimi movimenti del listino LME hanno messo in evidenza il contesto di una relativa prevedibilità dell’indirizzo di base delle quotazioni dei metalli industriali. Le giornate di chiusura della Borsa per la Pasqua, che hanno determinato le cosiddette “ottave corte”, non hanno mancato di influenzare le sedute della scorsa settimana.
I prezzi degli “industriali” negli ultimi tempi si collocano in intervalli sempre più ristretti in termini di quotazioni USD 3mesi e pertanto l’imputazione dei trend risulta un fattore di variabilità estremamente piccolo e dalla durata limitata in termini di tempo.
La discrezionalità dei dati pubblicati in Borsa, stiamo parlando di prezzi, varia da utilizzatore ad utilizzatore ed ognuno determina la propria strategia o per meglio dire l’approccio al LME, pur sapendo che su ciascun metallo i cosiddetti “market mover” sono sempre meno e tante volte essere loro stessi questi soggetti.
La Borsa LME negli ultimi otto giorni ha riproposto delle quotazioni di massimo relativo che non si vedevano più da diverse settimane, con l’indice LMEX che ha toccato quota 4032 punti su base ottava, un valore molto vicino a quello di inizio di marzo, il cui dato era 4050.
Rame ha rivisto quota 9.000
Il Rame ha rivisto quota 9mila dollari nel riferimento 3mesi, dopo un periodo di flessione sotto tale soglia. L’attuale posizione del metallo risulta ancora sostanzialmente buona in termini di “sentiment”, ma quello che è scaturito nelle ultime battute di Borsa di venerdì 14 è che la fase di slancio si sia decisamente affievolita, pertanto, non ci sono i presupposti per vedere il Rame in ulteriore crescita in questo momento.
Zinco in crescita ma non convincente
La stessa veduta può essere attribuita allo Zinco, sì in crescita, ma non in maniera così convincente per stimare la collocazione del prezzo USD 3mesi oltre la soglia delle ultime sedute della scorsa settimana.
Ottone e Zama
La vitalità del Rame ha avuto riflessi diretti sulla determinazione del prezzo dell’Ottone, risultato in aumento di 90 Euro/tonnellata, dopo una sequenza di ribassi, ma risulterà difficile vedere ulteriori spinte di rialzo su questa lega. L’incertezza che potrebbe accompagnare lo Zinco nel contesto di fissazione LME segnerà in modo importante l’evoluzione del prezzo della Zama, destinato a rimanere ancora a lungo in questa fase di minimo relativo.
Per l’Alluminio inerzia rialzista, per ora.
Il fenomeno di “inerzia rialzista” che interesserà l’Alluminio, non dovrà essere confuso con un trend di crescita in ulteriore consolidamento e quindi anche questo metallo si adatterà alle dinamiche ribassiste del listino LME.
Buona settimana per il Nichel
La buona settimana del Nichel ha portato in dote un marcato eccesso di liquidità “lunga” che inevitabilmente il mercato dovrà sfoltire in tempi molto brevi, con effetti diretti su una nuova fase di contrazione del riferimento USD 3mesi.
Il Piombo alza ancora l’asticella
Il Piombo continuerà a mantenere alta la sua asticella e andrà a testare delle aree inesplorate del grafico in termini di massimo relativo, anche se il carattere di questa escursione sarà momentaneo.
Forte aspettativa sullo Stagno
Le cose da dire sullo Stagno sarebbero molte, ma limitandosi all’essenziale, quello che risulta più evidente è la forte aspettativa al rialzo vista negli ultimi giorni di Borsa intorno al metallo, alimentata soprattutto dagli utilizzatori che risultarono piuttosto scettici nei confronti dei minimi che il metallo fece registrare a metà del mese scorso.
UNO SGUARDO ALLA REALTA’ PRODUTTIVA
Metà dell’alluminio LME è russo. Che impatti avrà sui prezzi?
La Russia è diventata la più grande fonte di alluminio per i magazzini LME. Adesso si teme che ciò possa spingere i prezzi verso il basso.
La telenovela sull’alluminio russo si arricchisce di una nuova puntata. Dopo lo scampato pericolo di un bando del London Metal Exchange (LME) del metallo proveniente dalla Russia e dopo i timori che i magazzini di borsa venissero inondati da alluminio invenduto della Rusal, ecco le nuove statistiche sulle giacenze LME.
Il 52% dell’alluminio di borsa è di origine russa
Come riferisce Bloomberg, quello russo è diventato l’alluminio maggiormente presente nei magazzini LME. Con 220.575 tonnellate, l’alluminio primario russo costituisce il 52% del metallo in garanzia LME alla fine di marzo, in aumento rispetto al 46% di febbraio. Dopo la Russia c’è l’India come maggiore fornitore della borsa di Londra.
È da febbraio che l’LME pubblica il paese di origine del metallo sottostante i contratti futures quotati in borsa. Una decisione maturata in seguito alle numerose polemiche attorno alla possibilità di vietare l’ingresso dell’alluminio proveniente dalla Russia nei magazzini LME. Anche se alla fine non c’è stato alcun divieto, si è verificato esattamente quanto era stato previsto: grandi quantità di metallo russo si sono riversate nei magazzini LME.
Di conseguenza, sono sempre più motivate le preoccupazioni che i prezzi LME finiscano per riflettere il valore del materiale russo che, attualmente, viene scambiato con uno sconto sul mercato a causa del fatto che molti acquirenti si sono auto-sanzionati e preferiscono non comprarne.
Intanto, la Cina compra metallo russo in grandi quantità
Nel frattempo, mentre l’Occidente continua ad evitare l’alluminio russo, la Cina si conferma un acquirente affamato. Le importazioni cinesi di alluminio dalla Russia sono quasi triplicate, con i dati doganali che mostrano che le importazioni sono aumentate di oltre il 266% nei mesi di gennaio e febbraio. Probabilmente, una vera fortuna per i prezzi visto che ha impedito che la ristrettezza dell’offerta potesse portare ad aumenti esagerati e ad una forte volatilità.
APPROFONDIMENTO
La Cina vieterà l’export di magneti e di terre rare? Sarebbe il caos…
Perché fa tanta paura il potenziale divieto cinese di esportare tecnologia per i magneti e per la trasformazione di terre rare?
La Cina sta valutando il divieto di esportazione per le tecnologie per i magneti con terre rare come risposta alle restrizioni americane sui chip. La notizia è stata diffusa la scorsa settimana dall’autorevole Nikkei Asia.
Potenzialmente, la notizia è destabilizzante per i mercati occidentali che fanno molto affidamento sulle catene di fornitura cinese di terre rare e di magneti. La Cina produce circa il 70% di tutte le terre rare (REE) a livello globale, mentre i magneti che usano questi elementi sono un fattore chiave in moltissimi dispositivi moderni (smartphones, computer, turbine eoliche, motori elettrici e applicazioni militari).
Il problema non sono le tecnologie ma i metalli delle terre rare
Se la Cina dovesse spingersi fino a vietare l’esportazione di REE e di prodotti magnetici, l’interruzione della catena di approvvigionamento che ne seguirebbe potrebbe causare il caos a livello globale.
Come tutti hanno capito durante la pandemia di COVID-19, le catene di approvvigionamento globali sono molto interconnesse per la stragrande maggioranza dei moderni prodotti di consumo. Ciò significa che qualsiasi minaccia a questa catena manda gli investitori nel panico.
Tuttavia, la situazione non è così drammatica come lo era anni fa. Infatti, ad oggi, l’Occidente non dipenda più dalla tecnologia cinese per elaborare o produrre terre rare. Per esempio, i magneti in lega neodimio, che sono i magneti permanenti più utilizzati, sono prodotti in Giappone, Corea, Filippine, Thailandia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, mentre gli ossidi di REE vengono trasformati in metalli anche in Vietnam e Thailandia.
L’Occidente è un po’ meno dipendente dalle terre rare cinesi ma non è ancora pronto per farne a meno
In pratica, l’eventuale perdita della tecnologia di elaborazione cinese per REE e magneti non sarebbe un problema poiché è già disponibile nei paesi occidentali e il leader nella tecnologia dei magneti è il Giappone. Al contrario, se la Cina dovesse fare il grande passo di vietare le esportazioni di tutte le terre rare e dei magneti, avremmo un grosso problema.
Con una domanda di mercato di 40 milioni di veicoli elettrici (e milioni di stazioni di ricarica) entro il 2030, un blocco cinese delle terre rare sarebbe disastroso e con conseguenze al momento imprevedibili. Questo è il motivo per cui l’Occidente si sta muovendo per costruire le proprie catene di approvvigionamento indipendenti, non solo nel settore delle terre rare, ma anche per quanto riguarda numerosi altri materiali e componenti critici nella catena di approvvigionamento. Speriamo non sia troppo tardi…
LINK UTILI
METALLI RARI: https://www.metallirari.com/meta-alluminio-lme-russo-impatti-prezzi/
METALLI RARI: https://www.metallirari.com/cina-vietera-export-magneti-e-terre-rare-sarebbe-caos/
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METALWEEK : https://www.metalweek.it//filemanager/mw/MWBASE230417.html
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